Cerca nel blog

27 marzo 2013

A chi esita


Rasoio (Roberto Barni)

Uomini privati della loro singolarità, esitanti, ironici e tragici allo stesso tempo, simboleggiano l’uomo di oggi: frustrato dai ritmi del terzo millennio ed imprigionato dalle convenzioni, con un colpo di scena, si rende conto della propria condizione e gridando “Gambe in spalla” si da alla fuga.

________________________________________________________________
Dici:
per noi va male. Il buio
cresce. Le forze scemano. Dopo che si è lavorato tanti anni
noi siamo ora in una condizione
più difficile di quando
si era appena cominciato.

E il nemico ci sta innanzi
più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze. Ha preso
una apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori,
non si può più mentire.
Siamo sempre di meno. Le nostre
parole d'ordine sono confuse. Una parte
delle nostre parole
le ha travolte il nemico fino a renderle
irriconoscibili.

Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto ? Su chi
contiamo ancora? Siamo dei sopravvissuti, respinti
via dalla corrente? Resteremo indietro, senza
comprendere più nessuno e da nessuno compresi?

O contare sulla buona sorte?

Questo tu chiedi. Non aspettarti
nessuna risposta
oltre la tua.

Bertold Brecht

26 marzo 2013

L'umano amore.....


Un giorno esisterà la fanciulla e la donna, il cui nome non significherà più soltanto un contrapposto al maschile, ma qualcosa per sé, qualcosa per cui non si penserà a completamento e confine, ma solo a vita reale: l'umanità femminile. Questo progresso trasformerà l'esperienza dell'amore, che ora è piena d'errore, la muterà dal fondo, la riplasmerà in una relazione da essere umano a essere umano, non più da maschio a femmina. E questo più umano amore somiglierà a quello che noi faticosamente prepariamo, all'amore che in questo consiste, che due solitudini si custodiscano, delimitino e salutino a vicenda.

Rainer Maria Rilke

21 marzo 2013

Ciò che vorrei essere...

Vorrei essere ciò che ho voglia di essere – dietro il sipario della follia: mi occuperei dei fiori per tutto il giorno; dipingerei il dolore, l’amore e la tenerezza, riderei di tutto cuore dell’idiozia degli altri e tutti direbbero: poverina, è matta. (Soprattutto, riderei di me.) Costruirei un mondo che, finché vivessi, andrebbe d’accordo con tutti i mondi. [...]
La rivoluzione è l’armonia della forma e del colore e tutto è e si muove sotto una legge: la vita. Nessuno si allontana da nessuno. Nessuno lotta per se stesso. Tutto è tutt’uno. L’angoscia, il dolore, il piacere e la morte non sono nient’altro che un processo per esistere. In questo processo la lotta rivoluzionaria è la porta aperta all’intelligenza.
Figlio amore. Scienza esatta. Volontà di resistere vivendo, gioia sana. Infinita gratitudine. Occhi nelle mani e il tatto nello sguardo. Nettezza e tenerezza del frutto. Enorme colonna vertebrale che è la base di tutta la struttura umana. Vedremo, impareremo. Ci sono sempre cose nuove. Sempre legate alle vecchie, vive.”
Frida Kahlo

20 marzo 2013

La solitudine è come la pioggia...



Solitudine
La solitudine è come la pioggia.
Si alza dal mare verso sera;
dalle pianure lontane, distanti,
sale verso il cielo a cui da sempre appartiene.
E proprio dal cielo ricade sulla città.

Piove quaggiù nelle ore crepuscolari,
allorché tutti i vicoli si volgono verso il mattino
e i corpi, che nulla hanno trovato,
delusi e affranti si lasciano l'un l'altro;
e persone che si odiano a vicenda
sono costrette a dormire insieme in un letto unico:

è allora che la solitudine scorre insieme ai fiumi.

Rainer Maria Rilke

19 marzo 2013

Quando i padri hanno dei progetti, i figli hanno dei destini



 L’ombra più lunga – tre racconti sul padre

Ogni padre è infatti Padre a suo modo, e a modo suo soltanto viene riconosciuto dai propri figli, in un certo senso un po’ diverso per ognuno, ma in fin dei conti sempre lo stesso, uguale per tutti.
 
Seppi, al congedarlo dopo un lungo e doloroso abbraccio, mentre il vento e la polvere ci avvolgevano a quella insolita geografia, che non lo avrei mai più rivisto.

Il giorno seguente, dopo avere esaudito la sua istanza, lasciai la Pampa per non rivederla mai più, se non nei miei più malinconici sogni. E con essa, forse per la prima volta dalla scomparsa di mia madre, lasciai definitivamente alle mie spalle anche l’ombra di mio padre.

L’uomo è l’unico essere vivente per il quale la vittoria nella lotta per la sopravvivenza non coincide necessariamente con quel senso di trionfo che accompagna gli altri rappresentanti delle diverse specie.

Mio padre aveva sempre avuto l’abitudine di irrompere un po’ a sorpresa nella mia vita. Da bambino, ad esempio, mi spaventavo moltissimo quando, immerso nei miei pensieri e avvolto nella mia infantile immaginazione, venivo repentinamente investito dalla Sua profonda voce che, inavvertitamente, sopraggiungeva, insieme a Lui, alle mie spalle.

Mi sentivo come ai margini di una profonda fenditura di quella solida materia su cui fino ad allora era stato elaborato il mio universo; frattura che mi poneva di fronte ad uno strano rimescolamento con altre sfere di realtà: il sogno, l’immaginazione, forse – pensai sgomento – la pazzia. Eppoi, in ultima analisi, la morte!

E forse, ma solo per qualche fugace istante, perché ti manca il coraggio di affrontarlo più a lungo, lo sguardo, quello stesso sguardo che fugacemente hai percepito nello specchio. Ti era sembrato proprio Lui!

E io, con il mio infantile ma non del tutto ingenuo pensiero magico, non desideravo altro che uscisse, che se ne andasse via, fuori di casa, per poter essere finalmente libero di correre, libero di giocare, libero di poter vivere senza il rischio di poterlo infastidire, senza di Lui.

Gianfranco Pecchinenda

18 marzo 2013

La ballata delle madri

Mi domando che madri avete avuto.
Se ora vi vedessero al lavoro
in un mondo a loro sconosciuto,
presi in un giro mai compiuto
d'esperienze così diverse dalle loro,
che sguardo avrebbero negli occhi?
Se fossero lì, mentre voi scrivete
il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
o lo passate, a redattori rotti
a ogni compromesso, capirebbero chi siete?

Madri vili, con nel viso il timore
antico, quello che come un male
deforma i lineamenti in un biancore
che li annebbia, li allontana dal cuore,
li chiude nel vecchio rifiuto morale.
Madri vili, poverine, preoccupate
che i figli conoscano la viltà
per chiedere un posto, per essere pratici,
per non offendere anime privilegiate,
per difendersi da ogni pietà.

Madri mediocri, che hanno imparato
con umiltà di bambine, di noi,
un unico, nudo significato,
con anime in cui il mondo è dannato
a non dare né dolore né gioia.
Madri mediocri, che non hanno avuto
per voi mai una parola d'amore,
se non d'un amore sordidamente muto
di bestia, e in esso v'hanno cresciuto,
impotenti ai reali richiami del cuore.

Madri servili, abituate da secoli
a chinare senza amore la testa,
a trasmettere al loro feto
l'antico, vergognoso segreto
d'accontentarsi dei resti della festa.
Madri servili, che vi hanno insegnato
come il servo può essere felice
odiando chi è, come lui, legato,
come può essere, tradendo, beato,
e sicuro, facendo ciò che non dice.

Madri feroci, intente a difendere
quel poco che, borghesi, possiedono,
la normalità e lo stipendio,
quasi con rabbia di chi si vendichi
o sia stretto da un assurdo assedio.
Madri feroci, che vi hanno detto:
Sopravvivete! Pensate a voi!
Non provate mai pietà o rispetto
per nessuno, covate nel petto
la vostra integrità di avvoltoi!

Ecco, vili, mediocri, servi,
feroci, le vostre povere madri!
Che non hanno vergogna a sapervi
- nel vostro odio - addirittura superbi,
se non è questa che una valle di lacrime.
E' così che vi appartiene questo mondo:
fatti fratelli nelle opposte passioni,
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
a essere diversi: a rispondere
del selvaggio dolore di esser uomini.


Pier Paolo Pasolini

15 marzo 2013

Viaggiatore dell'Infinito......





Aveva un bel timbro di voce Francesco.
“Ti ricordi del tempo in cui volevo diventare cavaliere ed attaccare Perugia? Che follia! Avevo troppo fuoco dentro, e non sapevo su cosa dirigerlo.  Nostro Signore mi sembrava tanto lontano, con tutte quelle Sue richieste esigenti che nessuno voleva stare ad ascoltare! Oggi te lo posso dire: ci ho spesso scherzato sopra in compagnia di Giovanni e degli altri, passando nella strada sui cui davano le cucine del vescovo….C’era un tale profumo!”
Con gli occhi febbricitanti, Francesco respirava a fatica; incominciò a tremare.
“Perché mi dici queste cose fratello? Riposati……”
“Ascolta….ti dico tutte queste cose per amore della verità perché ci sono pagine del mio cuore che non sono mai state aperte e perché non si può salire al Sole con un angolo d’ombra dentro di sé…Non veramente, non completamente…e lui che me lo ha detto”.
Lui ti ha detto di morire?”
Mi ha detto di vivere un’altra vita….E ciò che ora mi soffoca, Chiara è la menzogna di quella che ci siamo inventati in questo mondo….Come tutti gli altri, anche io ho aiutato il maligno rimanendo aggrappato alla menzogna, e prendendola sul serio”.
“Ma sei hai rinunciato a tutto….”
“Non ho saputo rinunciare a battermi…..”
“Ricordati…Vi sono momenti in cui il tempo degli uomini non conta più perché si manifesta il tempo di Dio. Non vi ho forse insegnato a sentirli venire, e ad accoglierli, i momenti cosi?  Lascia parlare la mia anima: quando il Tempo di Dio è presente, tutte le regole degli uomini altro non sono che un pugno di sabbia al vento”.
“Non mi hai mai parlato così Francesco”.
“….Perchè non sono mai stato così, non avevo mai visto la Porta così da vicino”
“Ascoltami…..Finchè si cammina senza voltarsi né fermarsi, ci sono verità che crediamo definitive. Vogliamo che esse lo siano, e ci rimaniamo aggrappati, se possiamo le imponiamo, perché sappiamo che, allontanandoci da esse, avremmo paura. Ascoltami…So che quello che dirò sarà come se mi rinnegassi, come se bestemmiassi il mio stesso nome. A forza di ignorare quella paura, di scappare lontano, a forza di camminare diritto per il mio sentiero, forse ne ho scoperta un’altra: la paura di deporre le armi…Forse sono stato troppo intransigente…..”.
Sospirò e a fatica proseguì..
“ E delle nostre ipocrisie….Chiara! L’ordine perverso del nostro mondo già mi saltava agli occhi ogni giorno un po’ di più, e per nessuna ragione avrei voluto prestare man forte a tute le aberrazioni e menzogne di cui, ovunque, trovavo traccia. Ero stato dunque così cieco? Eppure era semplice, piccola Sorella: sarebbe bastato aprire gli occhi e guardare. Oh! Era così facile andare a pregare e a cantare in latino ogni giorno, e fare sorrisi angelici, o abbassare le palpebre in segno di pentimento per poi infilarsi di nuovo nella nostra pelle di animali alla prima occasione. Era questo il nostro inferno…..L’avidità, l’incoscienza, il sonno….non volevo più essere incatenato, né che lo fossero gli altri…”
Ed ancora Chiarina cara…ricordi le parole di Filippo:” L’asino che vien fatto girare in tondo per muovere la macina del mulino, cammina per cento miglia; tuttavia quando viene l’ora di staccarlo, egli è sempre nello stesso posto dov’era al mattino. Allo stesso modo, vi sono uomini che camminano molto ma che non avanzano mai. Quando giunge la sera, essi non hanno visto nulla, né città, né villaggi, nulla di ciò che i loro simili hanno fatto, o di ciò che Dio ha creato con le Sue forze ed i suoi angeli. In verità questi uomini sono ciechi, e infelici; hanno sofferto tutta la vita per niente, perché non erano i loro occhi a non vedere ma il loro cuore a non guardare nulla”.
Ascolta ancora…” Credo che sia stata la Natura, tutta la Natura a salvarmi: fu grazie ad essa che il Sole dell’Eternità mi rispose e mi sostenne. E allora mi ci buttai a capofitto, con l’anima spalancata, per sfuggire alle sterili chiacchere degli uomini. E la cosa più meravigliosa, in tutto questo, fu che la Natura mi rispose con ogni sua più piccola manifestazione. Non c’era più un animale che temesse di venirmi vicino, né un albero o un fiore che restassero muti quando li accarezzavo con la mano. Mi tendevano la loro anima perché ce l’hanno! Mi indicavano l’essenziale…capisci! Il vero dialogo del cuore! Quello fatto di immagini, non di parole che si possono manipolare!

Chi sei Francesco?
Un fiore di gelsomino caduto dal Cielo?
Un po’ di Terra aspirata dal Cielo?
Unione di tutto questo nell’assoluta ricerca d’Amore ….
Chi sei in verità?
Forse un po’ di noi tutti in divenire, eterno pellegrino, viaggiatore dell’Infinito…
Oh Francesco, porta spalancata dello Spirito….



 Daniel Meurois-Givaudan

13 marzo 2013

Dove si nasce? Da chi si nasce? Quando si nasce?




 
Ci sono poche cose che mi affascinano come i neonati.
Ogni volta che ne vedo uno, non posso fare a meno di guardarlo con attenzione e chiedergli: chi sei? Da dove vieni? Che mistero si cela in quei tuoi occhi che ancora non vedono?
No, forse sarebbe meglio dire che vedono altro.
Nove mesi nella pancia della mamma, ma, prima di quella pancia c’è la storia dei suoi genitori, dei suoi nonni e dei trisavoli. E la storia dei suoi genitori e progenitori è la storia delle loro scelte, delle loro conquiste e dei loro errori, delle meschinità e delle grandezze. Sulle loro piccole vicende si inserisce la Storia più grande, quella in cui, anche se non si vuole, si finisce per venire coinvolti e spesso anche stritolati. E Storia, molto spesso vuol dire guerra, e dunque odio, violenza, morte – dolori che si tramandano in modo sottile di generazione in generazione.
Ogni bambino che nasce viene al mondo con le spalle ricurve come quelle di Atlante. Soltanto che invece del mondo, regge pagine e pagine di storie – di storie e di Storia – e sono proprio quelle pagine a far apparire i suoi occhi così stanchi, così lontani i primi giorni.
Solo alcuni genitori particolarmente ingenui ed ottimisti possono credere che un neonato sia una tabula rasa, un blocco di argilla che riusciranno a trasformare, con il loro amore e la loro buona volontà nell’essere dei loro sogni. Bisognerebbe essere un po’ meno fiduciosi per rendersi conto che quelle manine, in realtà stringono una lunga pergamena arrotolata e che, se il padre e la madre avessero il coraggio di aprirla, vedrebbero che là dentro è già tracciato  a grandi linee, il destino dell’essere che hanno appena messo al mondo.
Dove si nasce?
Da chi si nasce?
Quando si nasce?
Non è racchiuso in queste tre domande uno dei grandi misteri che avvolge la nostra vita?
Si può venire al mondo infatti, in una villa sull’Aventino o in una baracca di Nairobi. Si può nascere da genitori amorevoli o alcolizzati, o semplicemente distratti o devoti amanti della crudeltà. Si può venire abbandonati in un cassonetto e morire così, in mezzo a plastiche sporche e alla spazzatura putrescente, oppure essere già eredi, fin dalla nascita, di un impero economico. Si può avere un padre ed una madre, o soltanto una madre, magari una persona ferita, debole di mente o, semplicemente incapace di amare. Si può nascere da un grande amore o da un coito maldestro, nel bagno di una discoteca, come si può venire al mondo da uno stupro.
 E quando si nasce?
Se si ha la sventura di farlo nel bel mezzo di una guerra, la paura sarà il nostro respiro nel mondo. Se invece si viene al mondo di notte, su un barcone di immigrati, il rischio è quello di morire subito, gettati ai pesci. Si può nascere in una meravigliosa mattina di maggio, quando le rose sono tutte in fiore e il profumo dell’aria è un unico inno alla vita, o invece si può venire al mondo in una notte di tempesta, con il vento che schianta e divelle ogni cosa, come una mano gelata priva di pudore.
Non è una ninna nanna, ma un ululato quello che ti accoglie, e quell’ululato è nuovo e antichissimo. Ti ricorda la storia dei primordi, l’ancestrale che comunque è dentro di te. Sai che sei un niente disperso in un’immensità e questa immensità è cieca, prepotente pronta a divorarti e a dimenticarsi di te subito dopo averti divorato.
Confidi allora ei tuoi genitori, nella copertina che ti avvolge, nei passi che, per alcuni istanti, ti sembrano saldi.
Questa fiducia è la tua unica ancora.
Ci crederai anche dopo anni, anche quando la realtà ti avrà mostrato l’esatto contrario. Devi crederci, non puoi fare altro, perché la radice del tuo senso affonda nel terreno dei tuoi genitori. Comunque vada, sono loro la ragione del tuo esserci.
Per quale motivo dovrebbero proteggerti?
 
Susanna Tamaro (Ogni Angelo è tremendo)

Diego, io ci sarò a proteggerti sempre e per sempre…Luce!

12 marzo 2013

Fiori rosa...fiori di pesco.....





Che voglia di cantare ...sentire la primavera, ricordare, immaginare, credere ancora e ancora in un'altra primavera.....ditemi che si può..ditemi che è vero....

Fiori rosa fiori di pesco
c'eri tu
fiori nuovi 'stasera esco
ho un anno di piu'
stessa strada, stessa porta.
Scusa
se son venuto qui questa sera
da solo non riuscivo a dormire perche'
di notte ho ancor bisogno di te
fammi entrare per favore
solo
credevo di volare e non volo
credevo che l'azzurro di due occhi per me
fosse sempre cielo, non e'
fosse sempre cielo, non e'
posso stringerti le mani
come sono fredde tu tremi
no, non sto sbagliando mi ami
dimmi che e' vero.................................

09 marzo 2013

Ricordo di Lima




E non è solo il ricordo dei suoi terremoti che fan crollare cattedrali, né i maremoti dei suoi folli mari, né l’assenza di lacrime di quei suoi cieli aridi da cui non piove mai, né la visione della sua vasta distesa di guglie contorte, di coronamenti divelti, di croci piegate all’ingiù come pennoni ripiegati di flotte all’ancora, dei suoi viali suburbani fatti di mura di case che s’appoggiano le une sulle altre come un mazzo di carte sparpagliate… Non sono soltanto queste cose a fare di Lima senza lacrime la città più bizzarra e più triste che si possa vedere. Perché Lima ha preso il velo bianco; e c’è in questa bianchezza un orrore più intenso del suo dolore. Antica come Pizarro, questa bianchezza mantiene eternamente nuove le sue rovine, non lascia entrare il gaio verde del completo sfacelo; diffonde sui suoi bastioni diroccati il rigido pallore di un’apoplessia che paralizza le sue stesse contorsioni.

Moby Dick - Melville

08 marzo 2013

Ombra nelle ombre

Con hondo y lacerante dolor, nuestro pueblo y el Gobierno Revolucionario han conoscido del deceso del Presidente Hugo Rafael Chavez Frias y se aprestan a rendirle sentido y patriotico homenaje en su entrada en la Historia como Procer de Nuestra America. Su ejemplo no conducirà en las proximas batallas. Hasta la victoria siempre!

Granma de Cuba (Organo Oficial del Comité Central del partido comunista de Cuba)

 Ombra nelle ombre

Come un passero di fuoco
Le tue ali lasciavano cadere
Una profonda ombra.
Ti vidi scurire
Come se le ceneri della notte
Ti avessero coperto troppo.
E la tua ombra melodia di sangue
Mi inzuppava le ossa.
E i tuoi occhi
Specchi d’asfalto
Intagliavano statue d’acqua.
E le tue mani
Colonne d’alga
Turbavano i mari.
Io
Fantasma timoroso
Mi occultavo.
Temevo di guardare i tuoi occhi
Sapevo che erano oracoli.
Passarono quattro e una notte.
La tua ombra divenne bianca
Come la tua lingua.
Seppi che te ne saresti andato.
Cercai di guardare i tuoi occhi
Sequenza interminabile
Di volti sconosciuti.
Capii dunque
Che una notte cade
Con il peso di tutti i secoli
E che tutti i secoli
Pesano all’uomo
Come pesa l’ombra al corpo.


(Poesia tradotta da Silvia Favaretto estratta da Lauren Mendinueta, Inventario de ciudad, Golem Editores, Barranquilla, 1999.)

05 marzo 2013

Come i semi che sognano sotto la neve....



Oggi, mi è bastato sentire un profumo per ritrovare sensazioni di viaggi lontani, odori e incontri, volti, luoghi, parole, attese. E tra un ricordo e l’altro, il tempo ha perso il suo rapporto con lo spazio ed io mi trovo lì, sospesa, fra chiacchere e sorrisi, curiosità di occhi neri, donne in speranzosa attesa di un futuro diverso. Il traghetto attraversa il Bosforo accarezzando la città, Istanbul, l’unica su due continenti, l’Asia e l’Europa, il Mar Nero ed il Mar di Marmara. Vorrei essere laggiù..e... ci sono…se annuso ancora un po’quel profumo… ci riesco…Un leggero soffio di rosa e di pistacchio, melograni e mandorle caramellate. Pigramente, il mio sguardo si volge sulle yali, le case ottomane ed il vento sul mio volto, alleggerisce i pensieri che volano via con lui. L’aria tiepida è profumata di spezie, da lontano arriva il rumore della vita, il via vai di gente, i mezzi pubblici rumorosi e il vociare di chi, in attesa, fa la fila per assaggiare il balik kebab. Il colore del mare, i palazzi, le vetrine straripanti di dolci turchi, i lokum, cubetti colorati che sembrano caramelle di gelatine alla ciliegia, al cocco, all’acqua di rose e poi frutta secca, erbe essiccate, miele, noci, e ancora mandorle. Mi sento come questa città , protesa verso il futuro, nonostante tutto, ed allo stesso tempo ben ancorata alle mie radici, Istanbul è magica, tutto ed il contrario di tutto, sospesa tra tradizione e innovazione. E' ottomana, bizantina, turca. Un cuore pulsante, batte forte, forse troppo..come il mio...e guardo con tenerezza questa città, che così faticosamente va avanti, adagiata sulle sponde del Bosforo. Sorseggio un caffè, aroma forte e polveroso, quello turco va sempre bevuto con calma, a piccoli sorsi e soprattutto seduti, mai di fretta, e non in piedi, perché come dicono i turchi, una tazza di caffè ha la memoria di quarant’anni . E solo quando tutto verrà bevuto, qualcuno arriverà, capolgerà la tazzina e leggerà nei fondi di caffè, il passato e il futuro, le preoccupazioni antiche e le sorprese che alleggeriranno il cuore e così i sogni potranno continuare ad esistere, "come i semi che sognano sotto la neve, il vostro cuore sogna la primavera. Fidatevi dei vostri sogni perché in essi è nascosto il passaggio verso l’eternità”. Kahil Gibran.
Attraversando il Bosforo…..con un profumo....sentito per strada a Milano....

03 marzo 2013

L'araba fenice



In questi giorni così strani, sospesi, ancora incredula per ciò che in Italia è accaduto. Stranita, con l’impressione di trovarmi in uno di quei paesi che si vedono solo in sogno, non può essere vero…. Il sole di oggi, l’aria tiepida, la testa confusa, dalla strada arrivano rumori di allegria, sensazioni di vita nuova, anche se le vecchie abitudini penetrano in profondità nel corpo e nell’anima e ci si dimentica di chi si è e di quello che si voleva essere.  Le abitudini, come certi pensieri, non ci lasciano liberi con facilità, bisogna lottare perché si allontanino e solo così ci si può ritrovare. Bisogna calmarsi, respirare, riscoprire la propria forma e ricordarsi che una volta si credeva, si credeva nella vita e basta.  Quello che accadeva attorno…non ci faceva desistere dalla speranza… come sempre sopra di noi ci sarebbero state le stelle…ma cosa è successo ora? Dentro di me, lo so, c’è ancora  la bellezza ed il riverbero di tutti i sogni fatti…Ho ripreso un libro, letto molto tempo fa, l’Alchimista di Paulo Coelho e l’ho sfogliato…con la stessa voglia di leggerlo di allora…e così…. che coincidenza non è…ho trovato quello di cui avevo bisogno…..
“La tua Leggenda Personale è quello che hai sempre desiderato fare. Tutti, all'inizio della gioventù, sanno qual è la propria Leggenda Personale. In quel periodo della vita tutto è chiaro, tutto è possibile, e gli uomini non hanno paura di sognare e di desiderare tutto quello che vorrebbero veder fare nella vita. Ma poi, a mano a mano che il tempo passa, una misteriosa forza comincia a tentare di dimostrare come sia impossibile realizzare la Leggenda Personale. Sono le forze che sembrano negative, ma che in realtà ti insegnano a realizzare la tua Leggenda Personale. Preparano il tuo spirito e la tua volontà. Perché esiste una grande verità su questo pianeta: chiunque tu sia o qualunque cosa tu faccia, quando desideri una cosa con volontà, è perché questo desiderio è nato nell'anima dell'Universo. Quella cosa rappresenta la tua missione sulla terra. L'Anima del Mondo è alimentata dalla felicità degli uomini o dall'infelicità, dall'invidia, dalla gelosia. Realizzare la propria Leggenda Personale è il solo dovere degli uomini. Tutto è una sola cosa. E quando desideri qualcosa, tutto l'Universo cospira affinché tu realizzi il tuo desiderio”.

-- Paulo Coelho