E’ un racconto che sento molto e
per questo lo riporto……oggi…in questa giornata di incessante pioggia, dove ogni
goccia tiene il tempo dei miei pensieri e un ritmo cadenzato fa ballare il mio cuore….
…Prima
per scrivere, avevo avuto bisogno di guardare lontano. Avevo guardato molto all’America
Centrale. Avevo parlato delle sue capitali, dei suoi bambini di strada, dei
suoi barrios poveri.
Poi,
ricomincio a guardare anche vicino, alla mia città. Qualcuno parla di “città
fragile”, espressione che mi colpisce, che si lega alla sensazione che sto
vivendo, che davvero tutti noi stiamo diventando un po’ più fragili.
Lo
intuisco dalle telefonate degli amici, con gli elenchi degli impegni, da un
affanno che avverto nelle persone. Una sensazione di debolezza e smarrimento,
le vite sempre in rincorsa di qualcosa che sfugge, non si fa afferrare. Tanta
ansia: d’esserci, d’apparire, di mostrarsi sempre all’altezza.
Manca
il tempo, diventati più difficili gli incontri, insidiati dalla velocità, dalle
mille scadenze in agguato. Complicato mettere insieme gli orari, la lista degli
impegni di ognuno è diventata imprevedibile.
Negli
intervalli le frasi al telefono: il come stai? Come va? Lavita? L’amore?
Poi
di nuovo, la corsa. Corpi impegnati a reggere, facile scoppiare. Ogni tanto un
pianto improvviso, subito represso con vergogna:”Scusa, è un momento, scusami è
già passato, finito”.
Si
cerca il proprio posto. O almeno un indizio. Che ci sia, ci possa essere. Un
posto anche piccolo, in cui sia possibile per un attimo sostare, riprendere
fiato.
Futuro
fragile. Dove sta? Cosa riserva? Anni spesi ad aspettare un futuro, come si
attende l’estrazione di un numero fortunato alla lotteria.
Finchè
un giorno ho l’immagine di un gran corteo, che prende e invade la città, ci
sono dentro tutti, anch’io. Una folla di attori stralunati, in prima fila i più
stralunati, in prima fila i più riconoscibili: quelli che urlano, quelli che la
paura, quando arriva ti rende pazzo, quelli che non riescono a fermarsi un
attimo, neanche se gli sapri. Dagli altri, dietro, esce un gran brusio e tanti
lamenti.
Che ti senti solo, molto, troppo.
Che tutto scappa via e ti molla.
Che sembra sempre di stare sospesi, appesi.
Che forse una volta sei stato qualcosa, ma
adesso non ricordi più.
Che tanto, comunque, niente ha senso.
Che ogni cosa, oggi c’è, ma domani non si sa…
E che il domani quando arriva è un altro oggi
impaurito.
Delle vite fragili….dal libro di Gianluigi
Gherzi “ Atlante della Città fragile”
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