Funerali di Andreotti 07/05/2013
Quando morì don Josè Montiel,
tutti si sentirono vendicati, meno la sua vedova; ma ci vollero parecchie ore
prima che tutti si convincessero che era morto davvero. Molti continuavano a
metterlo in dubbio dopo aver visto il cadavere nella camera ardente, insaccato
con cuscini e lenzuola di lino in una cassa gialla e rigonfia come un melone. Era
perfettamente raso, vestito di bianco e con stivaletti di vernice e aveva un
aspetto così piacevole che non era mai sembrato più vivo di allora. Era lo
stesso don Chepe Montiel delle domeniche, della messa delle otto, solo che
invece della frusta ora aveva in mano un crocifisso. Fu necessario che
avvitassero il cofano del feretro e che lo murassero nel fastoso mausoleo della
famiglia, perché l’intero paese si convincesse che non stava fingendo di essere
morto.
Dopo il funerale, l’unica cosa
che a tutti sembrò incredibile, meno che alla sua vedova, fu che Josè Montiel
fosse morto di morte naturale. Mentre tutti si aspettavano che lo
impallinassero alla schiena in un imboscata, la sua vedova era sicura di
vederlo morire vecchio nel suo letto, confessato e senza agonia, come un santo
moderno. Si sbagliò soltanto di qualche particolare. Josè Montiel morì nella
sua amaca il 2 agosto 1951 alle due del pomeriggio a causa delle infuriate che
il medico gli aveva proibito. Ma sua moglie si aspettava anche che tutto il
paese partecipasse ai funerali e che la casa fosse piccola per poter contenere
tanti fiori. E invece, vennero solo i suoi compagni di partito e le
congregazioni religiose, e le uniche corone furono quelle della amministrazione
municipale. Suo figlio – dal suo ufficio consolare in Germania – e le sue due
figlie, da Parigi, mandarono telegrammi di tre pagine. Si vedeva che li avevano
scritti in piedi, con l’inchiostro ordinario dell’ufficio postale, e che
avevano stracciato parecchi formulari prima di mettere insieme venti dollari di
parole. Quella sera, a sessantadue anni, mentre piangeva sul cuscino dove aveva
appoggiato la testa l’uomo che l’aveva resa felice, la vedova Montiel assaporò
per la prima volta il gusto del risentimento. “Mi rinchiuderò per sempre”,
pensava. “E’ come se mi avessero messo nella stessa cassa con Josè Montiel. Non
voglio più saper nulla di questo mondo”…..
Gabriel
Garcia Marquez
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