…..”La prima volta che lo avevano trovato, all’inizio del suo autunno, la nazione era ancora abbastanza viva da fare in modo che lui si sentisse minacciato di morte perfino nella solitudine della sua stanza da letto, e tuttavia governava come se si sapesse predestinato a non morire mai….”
G. Garcia Marquez
Il tempo, si sa credo, inevitabilmente scorre. E continua a scorrere anche quando noi siamo finiti, sorpassati, nulla. Anche per chi indirizza tutti i suoi appetiti vitali al culto del (proprio) Potere. Potere reale, regale, ma con peculiarità di sapore ancestrale, quasi categoria metafisica, più che mero sinonimo di dominio su cose, persone, animali. Si è portati a pensare, me compreso, talvolta, che i potenti, i detentori del potere possano fare a meno di comuni sofferenze e universali immalinconimenti dell'animo. E invece no, anche qui, a volte si offrono immensi spazi a cavalcate imperiose del decadimento, della solitudine, del ricordo. Il patriarca è immerso nel suo autunno della vita, quasi oramai sprofondato nell'inverno gelido che non finisce più ed a cui noi tutti arriveremo, ed egli oggi non ha nome, non ha età, non ha luogo, ma è l'indiscusso protagonista della vicenda, personificazione della gestione patriarcale e dittatoriale di uno stato misterioso, che potrebbe rappresentare tutti gli stati del mondo. Ma egli è anche uomo e tra lacrime sue e sangue degli altri ci sono anche i cupidi appetiti sessuali e gastronomici, diffidenza, solitudine, assoluta mancanza di amore.Chi regna è solo, solo è chi regna. Il regnare come concetto è sinonimo della solitudine.
E crollano così le nostre conoscenze, speranze, illusioni e disillusioni che noi ci siamo fatti sul conto dell'uomo che impera e comanda. Perché egli ha una condanna, quella di non sprecare mai, nemmeno per sbaglio, un briciolo di umanità con nessuno. La voracità di divorare qualsiasi possibilità di mettere in crisi il suo regime diventa quasi una punizione, più che il soddisfare un proprio appetito. Ed alla fine invece di mangiare tutti si è letteralmente ingoiati e digeriti dall'esistenza che si è fortemente voluto vivere. .......... insomma questo comandante di tutto tranne che della propria pace interiore, a volte appare misero e povero, quasi da compatire.
Paolo Pappatà
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